Almeno una volta nella vita è capitato a tutti di fare a botte con qualcuno.
Vuoi per riparare a un torto, vuoi perché qualcuno aveva fatto troppo il simpatico con la donna di qualcun altro, vuoi perché tirava una brutta aria, alla fine l’esito era sempre il solito.

Altre volte, invece, evitavamo lo scontro perché sapevamo di non essere in grado di affrontarlo.
Quello che fa la differenza tra affrontare qualcuno o darsela a gambe levate, è per quanto tempo dura la scarica di adrenalina.

Se dura un tempo sufficiente, complice anche l’aggressività del momento, ci lanciamo nello scontro.
Se invece si esaurisce, cominciamo a tremare e scappiamo.
È una reazione normale, un’eredità di quando eravamo animali che dovevano lottare ogni giorno per sopravvivere.

A testimonianza del fatto che, nonostante tutto, nel profondo siamo ancora delle bestie pronte a scannarsi.
È insito nel nostro cervello, nel nostro DNA.
Come tante altre cose che “DSA #05” di Rosi e De Benedittis ci racconta.

 
Il nostro sfortunato protagonista finisce in una guerra più grande di lui, i cattivi decidono di punirlo per una violazione del patto che ha stretto con la loro azienda… e non ricorda niente di quello che gli è successo nelle ultime ore.
Meno male che a prendersi cura di lui ci sono il caro Giuda e il fedele cane Spotti, sempre pronti a tirarlo fuori dai guai… beh, almeno il cane.

Per sopravvivere a questa storia bisogna tornare ad essere delle bestie selvagge.
Ammesso che si sia mai smesso di esserlo.

Cosimo Pardi